lunedì 28 gennaio 2008

Saluto al comandante "Bulow"(Arrigo boldrini)

Nella notte del 22 gennaio 2008 all'età di 92 anni si è spento all'ospedale di Ravenna, sua città natale, Arrigo Boldrini, il leggendario comandante Bülow, uno dei protagonisti indiscussi della guerra di Liberazione nazionale, Medaglia d'oro al valor militare, uomo di grande levatura civile e politica, membro dell'Assemblea Costituente, parlamentare dal 1953 al 1994, dirigente nazionale del PCI, simbolo e guida dell'ANPI (Associazione nazionale partigiani d'Italia).

Non è semplice ricordare Arrigo Boldrini senza correre il rischio di essere retorici, ma la sua scomparsa ci porta necessariamente a compiere delle riflessioni non solo sulla sua straordinaria figura umana ma sui valori, sulle idee che hanno segnato il corso della sua vita e gli insegnamenti che ci ha lasciati a imperitura memoria.

Arrigo Boldrini nasce a Ravenna il 6 settembre 1915 da una famiglia contadina di tradizioni socialiste. Dopo gli studi alla scuola Agraria di Cesena, trova prima lavoro presso uno zuccherificio locale poi si trasferisce a Napoli dove svolge la funzione di impiegato in un centro per la lavorazione dei cereali. È nel suo periodo partenopeo che il giovane Arrigo entra in contatto con gli ambienti antifascisti. Ma la seconda guerra mondiale incombeva: con il grado di tenente di complemento nel 120° reggimento fanteria della divisione "Emilia", Arrigo Boldrini viene inviato in Jugoslavia di stanza alle Bocche di Cattaro, combattendo una delle guerre più sporche dell'Italia fascista, nella quale trova origini e spiegazioni la questione delle “Foibe”. Mentre era ospedalizzato a Bari, ancora convalescente, riceve la notizia dell'arresto di Mussolini. Appena ripresosi nell'agosto del 1943 torna nella sua terra, aderisce al Partito Comunista Italiano e, dopo l'8 settembre, organizza una delle prime bande della Resistenza romagnola.

Nasceva così il mitico “Bülow” comandante della 28 a Brigata Garibaldi. La leggenda vuole che il nome di battaglia gli sia stato dato da un barbiere, tale Michele Pascoli (poi fucilato dai nazisti) il quale, durante una riunione clandestina dopo un'esemplare lezione di tattica e strategia militare di Boldrini sulla “pianurizzazione” della guerra partigiana (fino ad allora immaginata possibile solo sulle colline o sulle montagne), sentenziò: « Mo' chi sit, Bülow? » cioè « Ma chi sei, Bülow? » alludendo al generale tedesco che sconfisse Napoleone a Waterloo.

La 28 a Brigata Garibaldi, appartenente politicamente, come tutte le altre brigate omonime al PCI, operava essenzialmente nella provincia di Ravenna e prendeva il nome da Mario Gordini, capo politico e militare della Resistenza ravennate, fucilato a Forlì il 4 gennaio 1944. La Brigata verrà organizzata, a partire dall' estate del 1944 in vari Distaccamenti, ognuno intitolato a partigiani vittime dei nazifascisti: Sauro Babini, Aurelio Taroni, Umberto Ricci, Celso Strocchi, Settimio Garavini, Terzo Lori. Pur essendo strutturata come unità militare rigorosamente disciplinata, prevedeva la figura di un "commissario politico" associata a quella del comandante ed adottava al suo interno una forma di democrazia diretta fondata su un ampio dibattito collettivo e l'elezione dei comandanti da parte dei partigiani stessi. Il 4 dicembre 1944 i partigiani di Bülow ed i reparti alleati dell'VIII Armata britannica liberarono Ravenna con un'offensiva combinata. Esattamente due mesi dopo, il 4 febbraio 1945, Boldrini viene decorato con la Medaglia d'oro al valor militare, con una grande manifestazione pubblica nella piazza di Ravenna, dal generale Richard McCreery, comandante dell' VIII Armata britannica, quale riconoscimento dello status di comandante di unità combattente, ufficialmente riconosciuta dal Comando alleato e per il contributo dato alla liberazione dal comune nemico nazi-fascista.

La Brigata viene inquadrata successivamente, a partire dal 19 febbraio 1945, nel Gruppo di combattimento "Cremona" del ricostituito Esercito Italiano, al comando del generale Clemente Primieri, con cui continuerà la lotta fino a giungere nelle Valli di Comacchio ed a Venezia.

Nella motivazione del conferimento della Medaglia d'oro al valor militare si legge « Ufficiale animato da altissimo entusiasmo e dotato di eccezionale capacità organizzativa » ma forse le parole che più di altre esprimono il ruolo e l'importanza di Boldrini nella guerra di Liberazione sono quelle di Giancarlo Pajetta : « È un eroe. Non è il soldato che ha compiuto un giorno un atto disperato, supremo, di valore. Non è un ufficiale che ha avuto un'idea geniale in una battaglia decisiva. È il compagno che ha fatto giorno per giorno il suo lavoro, il suo dovere; il partigiano che ha messo insieme il distaccamento, ne ha fatto una brigata, ha trovato le armi, ha raccolto gli uomini, li ha condotti, li conduce al fuoco ».

Ma Arrigo Boldrini non fu solo un grande partigiano. Dopo la liberazione a partire dal 1947 e per alcuni decenni, Arrigo Boldrini fu Presidente nazionale dell'ANPI, di cui rimase successivamente Presidente Onorario fino alla morte. Membro della Consulta Nazionale prima e dell'Assemblea Costituente poi, venne eletto alla Camera dei Deputati nella II, III, IV, V, VI legislatura, nella XII Circoscrizione (Bo-Fe-Fo-Ra), nonché Senatore nella VII, VIII, IX, X, XI legislatura, in Emilia-Romagna nel Collegio di Ravenna. Dirigente regionale e nazionale del PCI, di cui è stato membro del Comitato Centrale e della Direzione Nazionale. Nella sua vita politica mantenne sempre una sua particolare autonomia di pensiero e un grande senso patriottico, non smettendo mai di credere nella possibilità di un Paese e di un mondo migliore.

L'eredità che ci lascia, nel suo esempio incomparabile di forza morale e di impegno civile, è dunque quella delle sue idee. Durante una manifestazione per il Cinquantesimo anniversario della Resistenza, lo stesso Boldrini sintetizzò così il suo messaggio: « Noi abbiamo combattuto per quelli che c'erano, per quelli che non c'erano e anche per chi era contro... ». Questa è stata sempre la sua profonda, autentica e leale convinzione.

Sulle pagine di «Patria Indipendente», rivista mensile dell'ANPI, il comandante Bülow ha condotto la sua ultima battaglia, quella per non far affievolire i valori della Resistenza e dell'Antifascismo, valori di libertà e dignità della persona umana, valori sui quali poggia la democrazia nel nostro Paese, valori ai quali Boldrini ha dedicato tutta la sua vita. Al 14° Congresso nazionale dell'ANPI - svoltosi a Chianciano Terme dal 24 al 26 febbraio 2006 - per la prima volta dalla costituzione dell'Associazione che ha sempre guidato, non era presente Boldrini. Motivi di salute gli avevano impedito di partecipare all'assemblea che sanciva ufficialmente una nuova fase dell'ANPI e cioè l'apertura alle nuove generazioni verso le quali Boldrini ha sempre manifestato vivo interesse, nella profonda convinzione di tenere viva la memoria storica dell'Antifascismo e della Resistenza, come momenti alti della Storia d'Italia, alla base della nascita della Repubblica e della sua Costituzione, rivendicandone i valori universali e l'attualità contro tutti i tentativi di ridimensionarli o di relegarli in soffitta. La scomparsa di Arrigo Boldrini ha suscitato commozione e reazione nel mondo politico, istituzionale ma anche nei comuni cittadini. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ricorda "l'amico sincero" Boldrini con un sentito ringraziamento per « la dedizione alla causa della libertà, dell'indipendenza nazionale e insieme del progresso sociale e civile del paese. Ispirandosi alla piena affermazione dei principi e dei valori sanciti dalla Carta fondamentale della Repubblica, il comandante Bülow diede continuità ai valori e agli ideali della lotta di liberazione dal nazifascismo partecipando con appassionato impegno ai lavori dell'Assemblea Costituente e quindi del Parlamento in numerose legislature ». Il mio saluto a Arrigo Boldrini, al comandante Bülow, è invece un grido, un urlo, che scandisce le parole «Ora e sempre Resistenza!».



BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

Guido Nozzoli, Quelli di Bulow. Cronache della 28° Brigata Garibaldi , ed. Editori Riuniti, 1957.

Luciano Casali, Zona 6. La Resistenza a Cervia e nelle Ville Unite , ed. Comitato permanente Antifascista, Cervia, 1971.

Arrigo Boldrini, Diario di Bülow. Pagine di lotta partigiana 1943-1945 , ed. Vangelista, Milano, 1985.

Gianni Giadresco, Guerra in Romagna 1943-1945 , ed. Il Monogramma, Ravenna, 2004.

SITOGRAFIA:
http://www.anpi.it



ORA E SEMPRE RESISTENZA!!

sabato 26 gennaio 2008

IL CDM APPROVA RIFINANZIAMENTO MISSIONI. 26-01-08 GIORNATA GLOBALE CONTRO LA GUERRA.

Il Consiglio dei Ministri approva il rifinanziamento alle missioni di guerra. Già da domani i No War in piazza.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge che proroga la partecipazione italiana alle missioni umanitarie e internazionali. Lo rende noto il portavoce del Governo dimissionario Silvio Sircana. Contro la partecipazione dell'Italia alle missioni di guerra in Afghanistan, Libano, Balcani e per il ritiro immediato delle truppe dai fronti di guerra, domani si terranno in tutta Italia manifestazioni organizzate dai No War del Patto permanente contro la guerra. A Roma la mobilitazione comincerà alle ore 16.00 proprio sotto il Ministero della Difesa per poi concludersi davanti alla'Ambasciata USA. A Firenze è previsto un corteo la mattina. A Bologna un presidio sotto la sede della CCC che partecipa ai lavori nella base USA al Dal Molin e a Vicenza ci sarà una manifestazione davanti al villaggio dei militari USA di stanza nella città veneta. Manifestazioni anche davanti alle basi USA/NATO di Ghedi e Sigonella e davanti all'Alenia di Torino. Presidi nei centri storici di Torino, Taranto, Lecce, Genova.
di seguito L'appello alla mobilitazione
Il 26 gennaio è la data proposta dal Forum Sociale Mondiale per il Global Day of Action, ossia per iniziative in tutto il mondo contro la guerra, il liberismo, il razzismo e il patriarcato.Per questa data, le reti e le organizzazioni che hanno promosso la manifestazione a Roma contro la visita di Bush e contro la politica militarista del governo Prodi il 9 giugno 2007, che ritengono scandalose le politiche di guerra sia se gestite da un governo di centrodestra sia di centrosinistra, e che, nell'Assemblea del 25 novembre, hanno dato vita al Patto permanente contro la guerra, propongono una giornata di iniziative coordinate in tutte le regioni d'Italia
Gli obiettivi di questa giornata di mobilitazione attengono al ritiro delle truppe italiane da tutti i fronti di guerra, la chiusura delle basi militari e e l'opposizione a che se ne costruiscano di nuove (a partire da Vicenza con il Dal Molin), la drastica riduzione delle spese di guerra e l'aumento delle spese sociali, la riconversione delle fabbriche d'armi e degli altri luoghi/strumenti di guerra, la smilitarizzazione dei territori, la revoca dell'accordo per la produzione e l'acquisto dei caccia F35.
Il 26 gennaio in Italia dovrà essere una giornata contro l'insieme della politica militarista del governo Prodi che ha imposto l'ulteriore aumento dei finanziamenti alle Forze armate (per un totale del 24% in due anni), alle missioni militari (a gennaio il governo presenterà il decreto per il rinnovo delle missioni in Afghanistan e negli altri teatri di guerra), alle basi e al complesso militare-industriale, e che include l'accordo militare Italia-Israele, l'embargo alla Palestina, l'adesione allo scudo missilistico USA, la nuova grande minaccia alla pace mondiale.
A tale scopo si propone una mobilitazione articolata con lotte sui territori a partire dai luoghi di guerra: basi militari, siti di assemblaggio dei nuovi armamenti, caserme e luoghi di partenza delle truppe, ambasciate, consolati e ministeri coinvolti nella guerra permanente.
Il potenziamento del movimento contro la guerra, che a Vicenza il 15 dicembre ha confermato la propria forza e il proprio solenne impegno ad impedire la costruzione della nuova base, si impone come esigenza cruciale in un momento in cui la guerra globale permanente coinvolge sempre più l'Italia e il suo governo, compartecipe delle scelte USA-NATO.

Lo scenario di guerra in Afghanistan, travisato con la menzogna della missione di pace, è ulteriormente peggiorato con il passaggio del comando NATO in mano italiana. I carri armati Dardo e gli elicotteri Mangusta partecipano attivamente ai combattimenti e fanno vittime civili al seguito dei bombardamenti USA e NATO. Noi vogliamo rompere questa complicità di guerra, e l'unica strada è quella di ritirare le truppe dall'Afghanistan e bocciare in Parlamento il rifinanziamento della missione. Ma anche negli altri teatri di guerra l'Italia è sempre più coinvolta: il processo di secessione del Kosovo dalla Serbia ripropone all'orizzonte una nuova devastante "guerra umanitaria", mentre l'embargo alla Palestina, l'accordo militare Italia-Israele e il ruolo centrale dell'esercito italiano in Libano ci proiettano in fronti di guerra dove non siamo neutrali ma sempre in combutta con gli USA e i loro alleati. Infine, si aggravano di continuo le minacce di una catastrofica aggressione bellica nei confronti dell'Iran, da parte degli USA, di Israele e dei loro alleati.
Questa escalation di guerra invade e devasta i nostri territori, la nostra economia, la nostra politica sociale, la vita collettiva. Le spese militari sono aumentate a tutto danno delle le spese sociali, di quelle destinate al lavoro e al reddito dei settori popolari, mentre l'Italia è invasa e avvelenata da basi militari, porti nucleari, depositi di armi atomiche e di munizioni, poligoni di tiro e polveriere, aeroporti militari e ben 107 basi USA-NATO a cui il governo vorrebbe aggiungere il Dal Molin, la base di Novara (assemblaggio dei cacciabombardieri a Cameri ) e la triplicazione della base militare di Sigonella per l'installazione dei nuovi aerei Global Hawk da guerra senza pilota e del Radar globale previsto dallo Scudo missilistico USA. Dunque, la guerra permanente, mentre insanguina e devasta decine di paesi nel mondo, entra quotidianamente nelle nostre terre e nelle nostre città , ingigantendo derive securitarie, razzismi e xenofobie, repressione politica e sociale, riduzione drastica delle libertà .
Per tutto ciò vogliamo caratterizzare il 26 gennaio come una giornata contro i luoghi di guerra sui territori, a partire soprattutto da quelli dove le lotte sociali hanno già individuato gli obiettivi da smilitarizzare. Tra questi, in particolare le caserme e i luoghi militari in dismissione possono essere soggetti da subito alla riconversione ad usi civili, ad esempio in case per sfrattati e precari ed in ostelli per i richiedenti asilo, modo concreto anche per opporsi ai Cpt/lager per migranti.
La giornata del 26 gennaio viene organizzata anche in vista della manifestazione nazionale che il Patto permanente contro la guerra propone a Roma in coincidenza col voto in Parlamento sul rifinanziamento delle missioni di guerra, che dovrebbe tenersi nel periodo tra fine febbraio e prima parte di marzo.

sc_siena@yahoo.it

Cosenza: siamo tutti sotto processo


Il processo presso la Corte d’Assise di Cosenza sta per imboccare l’ultimo, definitivo bordo che lo porterà al pronunciamento della sentenza: il pm Fiordalisi chiede mezzo secolo di reclusione.
Sono trascorsi più di cinque anni da quella notte del novembre 2002, quando venti persone vengono catturate con grande clamore mediatico da reparti speciali travisati e immediatamente assegnate al regime carcerario duro dell’ art. 41 bis. Altre cinque agli arresti domiciliari, quarantatre gli indagati.
E’ il coronamento di uno spregiudicato lavoro del Ros, il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri, comandato dal generale Ganzer. Un dossier di più di mille pagine approntato dopo le giornate di Genova 2001, proposto senza successo alle procure di Genova, Torino e Napoli prima di trovare finalmente accoglienza a Cosenza presso il pm Fiordalisi e il gip Plastina. E’ un teorema "vecchia maniera": gli investigatori intercettano, spiano, osservano, pedinano, si infiltrano, estrapolano da scritti e siti telematici e in assenza di contraddittorio acconciano come vogliono cose, frasi, dialoghi, eventi, luoghi edificando una parvenza di coerenza induttiva fino a supportare la sussistenza di reati associativi.
Gli ordini di cattura sono pronti già dai primi di agosto, ma si continua a spiare e intercettare (non si sa in forza di quale legittimità formale) in attesa del Forum Sociale Europeo di Firenze e degli scenari suggeriti dal presidente del Consiglio ("ci saranno sicuramente devastazioni") e dal ministro dell’Interno ("garantiremo l’ordine, ma non sappiamo a quale prezzo"): quale miglior fondale per un’operazione che deve avere il sapore dell’ antiterrorismo?

Purtroppo per gli strateghi dell’inchiesta Firenze è "solo" un’imponente, massiccia occasione di partecipazione democratica, così il 6 novembre si firma un’ordinanza di custodia cautelare di 360 pagine e il 15 si effettuano le catture. I reati contestati hanno un sapore borbonico, ma prevedono pene da 5 a15 anni di reclusione: associazione sovversiva, cospirazione politica mediante associazione, propaganda sovversiva e altri minori dello stesso paniere. Gli imputati sono in sintesi accusati di aver costituito una rete omogenea che avrebbe governato gli scontri del 2001 prima a Napoli in marzo e poi a Genova in luglio. Lo stile ricalca quello cabalistico del Ros: gli indagati sono soggetti che (pag. 128) "accarezzano l’idea di sfruttare la forma anomica del movimento per riattualizzare la lotta armata storicamente fallita". Il che legittimerebbe il carcere anche senza che un delitto, una violenza, un’aggressione o un attentato vengano contestati a chicchessia: l’associazione sovversiva è finalizzata a "stabilire violentemente la dittatura di una classe sociale sulle altre, ovvero a sopprimere violentemente gli ordinamenti economici e sociali costituiti nello Stato". Ma nella sua requisitoria contro i tredici imputati il pubblico ministero Fiordalisi ha fatto di tutto per smarcarsi dalla rozzezza del materiale accusatorio originario e suggestionare la giuria popolare a sostegno delle richieste di pena da due a sei anni di reclusione.

Il processo di Cosenza quindi come immagine speculare di quello di Genova appena concluso.
A Genova l’ordine pubblico, i fatti-reato, le responsabilità individuali di un pugno di attivisti a fronte dei trecentomila che contestarono la legittimità del G8. La sperimentazione di nuove fattispecie accusatorie quali devastazione e saccheggio e compartimentazione psichica. Lo slittamento inarrestabile verso la prescrizione di tutti i procedimenti penali che riguardano le forze di polizia. L’omicidio di Carlo archiviato a tempo di record. L’occultamento bipartisan delle responsabilità della catena di comando.
A Cosenza la riesumazione di dispositivi di criminalizzazione che si ritenevano esauriti nella stagione giudiziaria degli anni ’80.
Il ripristino di categorie giuridiche utilizzate in un’epoca in cui la radicalità del conflitto esprimeva scenari e aggregazioni che nulla hanno a che vedere con ciò che si è dato nelle strade e nelle piazze di Napoli e Genova sette anni fa. La riattribuzione di credibilità a uno stile investigativo connotato da abusi, forzature e falsificazioni che solo il clima emergenziale di trent’anni fa aveva reso tollerabile. Il vecchio e il nuovo.

A Cosenza dunque, come a Genova, siamo tutti sotto processo, mentre sul banco degli imputati dovrebbero sedere poliziotti, carabinieri, finanzieri e secondini: gli unici responsabili della turbativa dell’ordine pubblico e delle violenze di inaudita ferocia che ne sono seguite.
Sotto processo sono i movimenti nelle loro pratiche di aggregazione per il conseguimento di obiettivi comuni. Sono le lotte per una migliore qualità della vita, le vertenze locali e nazionali, il diritto di resistenza all’abuso della forza repressiva, le pratiche di difesa dei diritti umani, sociali, politici, ambientali, contro la guerra e tutte le aggressioni armate comunque camuffate. E’ quel patrimonio di esperienze che, da Seattle in avanti, ha sedimentato elementi paradigmatici che innervano il conflitto sociale proprio di tutti i quadranti del territorio Europa. E’ il desiderio di cambiamento che, ognuno con le proprie diversità, ci accomuna tutti.
Attraverso l’armamentario più vieto della giustizia penale sotto processo è il nostro futuro. A Cosenza dunque. Tutti.
Liberitutti

La caduta di prodi e la posizione di Sinistra critica

La caduta di Prodi al Senato è la conclusione di un disastro e di un fallimento che riguarda tutto il centrosinistra oggi sul banco degli imputati. La copertina dell'Espresso titola: "Processo alla Sinistra" mentre il manifesto con Gabriele Polo parla di "suicidio politico". E mentre Cannavò ricorda le frasi di Moretti - "con questi dirigenti non vinceremo mai" - allargando la platea anche ai vari Bertinotti, Giordano e Mussi, Giorgio Cremaschi semplicemente ricorda il titolo del film di Comencini per dare un consiglio alla sinistra: "Tutti a casa".
"L'epilogo era ampiamente prevedibile. La crisi sociale e di credibilità alimentata dal governo Prodi si ritorce contro di lui, contro l'Unione e contro la sinistra di governo che ha ingoiato tutto rimanendo con un pugno di mosche in mano". Lo affermano in una nota Franco Turigliatto e Salvatore Cannavò, della Sinistra Critica.
"La difficoltà per la sinistra è evidente - dicono - il disincanto e il distacco dalla politica sono cresciuti con il governo Prodi e le complicità della sinistra ha accresciuto le difficoltà con i lavoratori. Bisogna lavorare per ricostruire questo rapporto e per far questo occorre una Sinistra di opposizione, nettamente alternativa, anticapitalista e di classe. Sinistra Critica, unica sinistra a saper mantenere il filo della coerenza dei contenuti - concludono - lavorerà attivamente su questa strada. A partire dal No alla missione in Afghanistan.
Intervistato dall'agenzia Agi, Cannavò è ancora più duro con il centrosinistra: "Aveva ragione Nanni Moretti, anche se a tre anni di distanza bisogna allargare la platea; con tutti questi dirigenti del centro-sinistra, da Bertinotti a Prodi, da Veltroni a Rutelli, da D'Alema a Mussi, da Giordano a Diliberto, e Pecoraro Scanio, non vinceremo mai"."Tutti nessuno escluso, quindi anche Prodi, hanno prodotto il disastro che - spiega Cannavo' - e' sotto gli occhi di tutti".
Adesso si tratta di "ricostruire la sinistra ma con una base politica nuova, chiara e netta - conclude Cannavo' - che riparta dai punti di riferimento fondamentali della sinistra antagonista come il conflitto sociale e il rapporto coi comitati territoriali da Vicenza a Pianura".
Sulla stessa lunghezza d'onda anche Giorgio Cremaschi, della Rete28aprile, Cgil: "Tutti a casa: la caduta del Governo e' il fallimento della classe politica e dirigente del centro-sinistra, dal Presidente della Camera, Fausto Bertinotti al leader del Pd Valter Veltroni, passando per Francesco Rutelli". Cremaschi concede invece l'onore delle armi a Romano Prodi.
Il riferimento è al film del 1960 di Luigi Comencini 'Tutti a casa', interpretato da Alberto Sordi e Edoardo De Filippo. Per Cremaschi "il bilancio complessivo di questi due anni circa di Governo e' semplicemente disastroso per la sinistra".
"E adesso si rischia sul serio di riconsegnare il Governo del Paese a Silvio Berlusconi che, se torna, riparte da dove lo aveva lasciato - nota Cremaschi - perche' nulla e' stato toccato delle cose da lui fatte sulla legislazione sociale ed istituzionale, sugli orari di lavoro e l'immigrazione, e sul conflitto d'interessi: la sola cosa in attivo e' la legge sulla sicurezza sul lavoro per la quale mancano pero' i decreti attuativi".
E da questo 'bilancio disastroso' non si salva nemmeno la Cgil che, "ha fatto la fine di quell'azionista che sbaglia i suoi investimenti - aggiunge Cremaschi - per aver puntato sul rapporto con il 'Governo amico' e si ritrova la rottura con la parte piu' combattiva del movimento mentre l'offensiva delle imprese sulla contrattazione e i diritti e' alle porte".
Insomma, "dopo questi due anni circa di Governo Prodi davvero disastrosi si apre una fase diversa per la sinistra" conclude il dirigente della Fiom che definisce "una bufala" l'ipotesi di un governo istituzionale che "utile soltanto ad aggravare la crisi politica e la crisi della stessa sinistra".

venerdì 4 gennaio 2008

Assemblea pubblica a Firenze

Assemblea Pubblica contro la repressione e lo stato d’eccezione, per la solidarietà ai processati di Genova, Cosenza e Firenze

Giovedì 10 Gennaio ore 21.15 nelle case occupate di Viale Matteotti 15, Firenze

A Genova 110 anni di condanna contro 24 manifestanti

A Cosenza è in arrivo la sentenza contro la rete del Sud Ribelle accusata di cospirazione politica.

A Firenze 5 anni di richieste di condanna contro gli imputati del 13 maggio ’99.

Sono sentenze e processi che vogliono sancire lo slittamento del conflitto sociale all’interno della normativa penale. Imputate/i capri espiatori, diversificati per provenienza ed estrazione, per poter esercitare su di loro una giustizia altrettanto diversificata. Per sperimentare la tenuta di "nuovi" reati, quali devastazione e saccheggio, mantenendo i "vecchi" resistenza e danneggiamento.

Mentre in nome del feticcio della legalità:

Si muore nei CPT: dal 1998 i cpt sono stati definiti come luoghi in cui si violano sistematicamente i diritti umani, eppure restano aperti spesso gestiti dalla Lega delle Cooperative e da “associazioni umanitarie” come la Misericordia o la Croce Rossa.

L’uso di misure di sicurezza eccezionali e liberticide cancella la democrazia. Sicurezza e preoccupazione per la violenza sono solo dei feticci usati dagli sceriffi del terzo millennio per proseguire tra una svolta autoritaria e l’altra, mentre noi perdiamo sempre più pezzi di libertà.!

Si scatena la guerra tra poveri e contro i poveri: dssere povero è oggi un delitto, aggravato da vivere pubblicamente la propria povertà. Dopo che i neo-nazisti della Lega hanno aperto indisturbati la loro campagna, anche i sindaci del centrosinistra iniziano a sposare l’idea di segregare ed espellere i poveri ed i diversi.



Partecipano, fra gli altri,

Laura Tartarini, avvocatessa nel processo G8, e Paolo Arado - Genova
Sauro Poli, avvocato nel processo fiorentino del 13 maggio
Gli imputati al processo
Luca Casarini, Centri sociali del nordest ed imputato al processo di Cosenza.

Introdurrà l’assemblea l’esperienza di lotta contro la segregazione delle donne del Fuligno – uno “dei percorsi di carità in cui il diritto alla salute, ad una vita libera e degna, sono negati in nome di un male inteso concetto della sicurezza, in nome del controllo, e della precarietà .

Sono invitate a partecipare tutte le realtà di movimento toscane!!!!!!!

mercoledì 19 dicembre 2007

L'infame sentenza di genova

La procura di Genova ha emesso la sentenza di primo grado contro i 25 imputati per i fatti accaduti durante i giorni del G8 del 2001.
Alla fine la condanna, come era purtroppo prevedibile, è arrivata. In tutto 110 anni di carcere, un solo assolto e pene che vanno da 6 mesi a 11 anni. In 10 hanno subito una condanna per devastazione e saccheggio, sei di loro sono stati interdetti a vita dai pubblici uffici, mentre tutti dovranno pagare le spese processuali (20.000 euro) e, in sede civile, rispondere dei danni patrimoniali causati a banche, negozi ed edifici. E' passata la divisione tra "buoni" e "cattivi", i devastatori che hanno programmato tutto e chi ha reagito alle cariche della polizia (cioè gli altri 14 a cui sono state inflitte condanne da 5 mesi a 7 anni e 8 mesi per danneggiamento e lesioni a pubblico ufficiale, ma non per resistenza, considerata, quindi, in questo caso possibile). In 6 sono interdetti a vita dai pubblici uffici.

Pene pesantissime, una teoria pericolosa (i cattivi che hanno premeditato gli attacchi e i buoni che hanno reagito alle cariche di via Tolemaide) che stabilisce come è legittimo manifestare il proprio dissenso e come, invece, non lo è. Una teoria che ha trovato già altri due tentativi di applicazione, a Milano ed a Torino contro gli antifascisti.

E mentre i "reati" sono stati considerati come avulsi dal contesto, i predicatori della democrazia di questo paese possono dormire sonni tranquilli. Due agenti di polizia e due carabinieri dovranno rispondere di falsa testimonianza. Un contentino in attesa della prescrizione per i massacratori della Scuola Diaz e per i torturatori di Bolzaneto

domenica 16 dicembre 2007

In 80.000 hanno detto No al Dal Molin


In migliaia ieri, tante famiglie, bambini, giovani e meno giovani, attivisti dei centri sociali, dei comitati, per le strade di Vicenza per la manifestazione contro il Dal Molin.
Lo striscione di apertura tenuto dalle donne del No dal Molin che indossano una maschera bianca. "Su Vicenza è calato il silenzio", hanno denunciato nei giorni scorsi i cittadini. Questa lotta e questa città sembramo infatti essere invisibili per il Governo e i media mainstream. Proprio mercoledì il presidente della Repubblica Napolitano ha espresso la sua posizione sull’ampliamento dell’aeroporto: "nessun ripensamento" da parte del governo italiano.
L’appello lanciato nei giorni scorsi ad unirsi tutti dietro all’unica grande bandiera simbolo di questa battaglia è stato accolto dai manifestanti.
Subito dopo lo striscione di apertura sfilano i comitati del Patto del Mutuo soccorso, i cittadini che si battono a livello territoriale come i No Tav, i No Mose, No Ponte ed alcune delegazioni dei comitati europei e gli attivisti statunitensi che si battono contro la guerra che ieri sera hanno partecipato all’apertura dei lavori di questa 3 giorni europea.
In testa al lungo e colorato corteo anche Don Gallo della Comunità San Benedetto al Porto. Dal palco mobile della manifestazione si alternano gli interventi.
Nel corteo anche un grande striscione con la scritta "Genova: la storia siamo noi! Liberi tutti" dopo la sentenza di ieri che condanna 24 imputati a 102 anni di pena.
Dopo circa due ore la testa del corteo è arrivato nel Piazzale della Stazione ferroviaria.
Dal palco mobile i primi interventi sono stati di Cinzia Bottene del Presidio permanente, il premio Nobel Dario Fò e Don Gallo. Poi hanno preso parola il Comitato NoF35 di Novara, i No tav, la rete Campana rifiuti zero, e le delegazioni dei comitati europee che si battono contro le basi.
"Dobbiamo gridare forte il nostro no anche alle vittime delle guerre che non hanno voce" - ha detto Cinzia - "dire No al Dal Molin, significa dire un forte sì al futuro. Noi continueremo a urlare le nostre ragioni, la strada sarà lunga ma i grandi cambiamenti non sono mai immediati [...] Un futuro diverso è possibile se tutti noi ci battiamo insieme per realizzarlo".
"Col sole che è venuto per cancellare la neve siete arrivate tutti voi, voi siete stati veramente il sole perché ci date speranza" - sono le parole del premio Nobel Dario Fò, che riferendosi al Governo ha detto "un governo che fa di tutto per essere disprezzato, assente, non ascoltate la gente, figli di puttana che hanno distrutto la nostra fiducia, siete dei bugiardi e ci ricorderemo di questo vostri atteggiamenti nel futuro".
Una volta conclusa la manifestazione, un nuovo corteo, è partito alla volta del Presidio Permanente.
Tensione in stazione causata ancora una volta dall’arroganza di Trenitalia che con un atteggiamento assolutamente irresponsabile blocca i convogli in partenza e in arrivo. Dopo una lunga trattativa gestita dal Presidio permanente la situazione si è sbloccata e i treni sono finalmente partiti.

martedì 11 dicembre 2007

martedì 4 dicembre 2007

Sit-in di protesta contro la proposta di riforma del sistema del DSU!

Per evitare che dal prossimo anno accademico non ti venga data la borsa di studio per un disguido tecnico tra degli uffici !

Per impedire che il tuo posto in residenza sia affittato ad un altro studente come foresteria !

Per scansare il rischio che il prossimo anno la mensa costi 4 euro !

Affinché il tuo diritto allo studio non sia calpestato !


GIOVEDI’ 6 DICEMBRE ORE 14.00
Residenza Universitaria di via delle Sperandie

UDU-siena organizza
Sit-in di protesta contro la proposta
di riforma del sistema del DSU!

lunedì 3 dicembre 2007

Trento - Dal Molin: contestazioni al processo per il blocco dei treni

Condanna ad un mese di reclusione per nove attivisti.

Trento - Si è celebrato oggi il processo che ha visto imputati nove attivisti trentini per aver bloccato i treni alla stazione di Trento dopo l’"editto rumeno" in cui Prodi annunciava la non opposizione alla costruzione dell’aeroporto Dal Molin.
Prima dell’avvio del dibattimento Federico ha letto, a nome degli attivisti del Centro sociale Bruno, una dichiarazione spontanea in cui si afferma che nel processo odierno "è imputato un movimento intero, tutti coloro che lottano contro la costruzione dell’aeroporto militare Dal Molin".
La lettura della dichiarazione è avvenuta tra molte difficoltà per le continue interruzioni messe in atto dal PM Storari e dal Giudice Ancona che si opponevano a ciò che loro consideravano un "comizio".
Finita la lettura della dichiarazione gli imputati hanno abbandonato l’Aula per raggiungere idealmente "quegli uomini e a quelle donne che lotteranno ancora, che bloccheranno treni e cantieri, resistendo un minuto in più di chi vorrà reprimerci, dividerci o anche solo giudicarci colpevoli".
All’uscita degli imputati, i numerosi attivisti nel pubblico hanno alzato dei fogli con scritto: "No dal Molin" e "No alla cittadella Militare" e gridando cori contro la costruzione della base militare, creando scompiglio all’interno dell’Aula del Tribunale e mettendo in grave difficoltà il giudice che con fatica cercava di riportare alla normalità la seduta.
Oltre alla battaglia contro il Dal Molin - che vedrà mobilitati i trentini per il 15 dicembre - sta nascendo una forte opposizione anche alla costruzione di una "cittadella militare" nel sobborgo di Mattarello, a Trento Sud, e questo è stato ricordato sia nelle dichiarazioni spontanee, sia nella contestazione del pubblico.
Tra le molte persone che assistevano al processo, sicuramente più di cinquanta, hanno raggiunto il Tribunale di Trento in segno di solidarietà anche alcuni attivisti del Presidio Permanente No dal Molin di Vicenza.
Il processo si è concluso con la condanna per tutti gli imputati ad un mese di reclusione, pena convertita in 1000 Euro ciascuno. Scontato l’appello.